
Niccolò Reverdini
Sentiero virgiliano
Cisliano, Cascina Forestina, 2012, pp. 32
Che letteratura e campagna abbiano assidua frequentazione da tempo immemore, oppure, che insieme siano cresciute e vicendevolmente nutrite, è nozione diffusa quanto poco fedele, trovandosi a professarne e beneficiarne assai più il Parnaso che le categorie dei cafoni e dei braccianti. Ma che si arrivasse a profondere dentro uno stampato - che questa unione vuol esaltare - mostra di filologia, parrebbe, a dir il vero, meno consueto, se il destinatario sarà l’espositore delle pro loco.
Tuttavia, non meraviglierebbe allorché si conoscesse dell’autore che è stato allievo-amico di Dante Isella, e bisnipote dell’ambasciatore e scapigliato Carlo Alberto Pisani Dossi, le orme del quale calca oggi nel bosco di Riazzolo, e in quei coltivi dove l’avo, novello Schliemann, portava in luce i reperti della civiltà della Scamozzina per conservarli sotto teca nella casa di Corbetta muniti di etichette di suo pugno; conserva sino ad oggi pervenuta, abbinata a vasellame precolombiano.
Niccolò del bisnonno è conoscitore e ammiratore. Dalle beole di Brera – che a braida, dunque a prato, ancora rimanda –, in età giovanile è approdato alla Forestina, tra Cisliano e Albairate, allora angolo abbandonato e derelitto, vigna di Renzo che solo i suoi occhi candidi, al contempo scoppiettanti, potevano fissare in un’istantanea che si sarebbe palesata solo vent’anni più tardi.
Non poco ininfluente la floridezza degli antenati. A differenza di altri però, che antenati floridi ne contavano alla pari, o anche più, ha trasformato quei derelitti luoghi in ciò che noi, sfrondati celliti di bilocale + servizi della città infinita, cogliamo al paro di paradiso terrestre, coll’immancabile melo selvatico a portata di peccato. Quel loco che attira per gli zoccoli Ermanno Olmi, che qui pare di casa, ora che Treviglio sta dentro uno svincolo di tangenziale, e le campagne del suo albero, e le lobbie impannocchiate delle sue cassine si affacciano sulla corsia di emergenza dei soffici tappeti d’asfalto, che porteranno turisti a masse nel geroso Basso Bergamasco colleonesco, a fatica irrigato, come ai voli economici e dell’ultimo istante. Loco che ha attirato identica la Federica Galli che qui nutriva di solenne malinconia le altresì sue cassine, e rogge e filari d’autunno e iemali.
Lo scavalco della roggia Soncina è al pari di ponte levatoio; roggia che porta al castello di Cusago e le acque sante del Gottardo e quelle del Bernardino, dopo averle levigate e corroborate coi borlanti del Ticino e del Naviglio.
Oltre la roggia la cassina, sparsa tra cielo e bosco, tra foraggio profumato e patate di alabastro, e gufi e allocchi cascati dal nido che ti squadrano cogli occhi da fondo di bottiglia; bravi bravi, e grati, ma impazienti di levare al più presto il disturbo dopo aver ripagato l’ospitalità col prestito della mostra dei loro rotamenti agli sguardi dei celliti di cui sopra.
Qui il trattorista-filologo ha tracciato un sentiero virgiliano; meglio, l’ha ritrovato ed epicato: un bosco antico, brandello di quello medievale, bosco che copriva vallamenti e motte dalla Merlata al castello di Binasco, dall’omologo di Trezzo a Morimondo.
Così le trentadue pagine del libretto, curate di fino, allocano rime latine (con bella traduzione, per i pochi che non masticano di curia) e botanica, perché, il mantovano, di letteratura sì che ne sapeva, e di botanica lombarda e milanese anche, pare.
Alla Forestina non è difficile scorgere, osservatori da cavalletto alla Boucher, appostati, Titiro Niccolò col flauto, seduto all’ombra di un ampio faggio; o, meglio, all’ombra di una quercia secolare, alla quale il cognome suo allude.
Diciamo che il libretto sta bene al podere. Apparato di note e corsivi al giusto, e citazioni e rientri ordinati come l’ortaglia, con assaggi di bibliografia internazionale, a palesare come la filologia possa aiutare e botanica e agraria, e viceversa.
Dal pulpito foresto, l’autore può spingersi ad affermare che “il tema del bosco, centrale in questi testi [le Bucoliche ndr.], non ha ancora trovato un compiuto commento e la ragione appare evidente: i filologi non dispongono necessariamente di adeguata cultura botanica e a loro volta i botanici eludono spesso le ragioni del testo”.
Squarciati o cielo. Filologi ingobbiti a spaccare il capello delle egloghe esametriche, ora sapete che un puntata al Bosco di Riazzolo non potrà che giovarvi. Per calare Virgilio coi piedi per terra, come mettere a dimora un giovane arbusto. Una puntata tra Cisliano e Albairate non invillisce gli studi accademici e rinfranca le membra, magari grazie a un ciuffo d’insalata e pomidori che sanno di latino e del pruno, e non del contenitore cha li ha forzati a sudare per giorni. Perché ogni frutto della terra profuma di chi s’accompagna; tal quale l’umano. Cara zucchina, caro fagiolino, cara melanzana: dimmi con chi vai.
Ogni cassina ha un precipuo che s’attiene ai luoghi. Forestina si profila, raro intorno a Milano, di bucolico e georgico insieme.
Alberto Belotti
maggio 2015
Rintracciare il volume: www.laforestina.it ; info@laforestina.it

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